Se realtà e narrativa coincidessero mi chiedo cosa potrebbe mai pensare Elisa Claps dell'arresto di Danilo Restivo. Se anche Elisa, versione reale di Susie Salmon di The Lovely bones potesse sentire le dichiarazioni del padre e della madre, assistere al passare del tempo e al ritrovamento dei suoi resti dal paradiso personale in cui si trova dal 12 settembre del '93.
Se solo avesse potuto RImettere piede su questa misera terra cosa avrebbe fatto Elisa? Avrebbe risposto alle domande di un padre pietrificato dal dolore? Avrebbe indicato in qualche modo agli inquirenti la pista giusta da seguire, impedendo nuovi delitti? Si sarebbe fatta giustizia da sola? Avrebbe cercato di vivere quella prima esperienza d'amore nella giusta dimensione di affetto e di scambio con un primo amore interrotto bruscamente?
Queste domande mi si affollano in testa, stupidamente, mentre leggo queste dichiarazioni di Antonio Claps su Corriere.it. Per quanto si possa essere empatici con il dolore altrui, condolersi per una vita spezzata assurdamente troppo presto, per i troppi interrogativi che opprimono un genitore, io non potrò mai neanche minimamente intuire o misurare quanto sia grande il buco nel petto di quest'uomo.
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7 commenti:
Io sono abituato a tacere, di fronte a certe cose.
Tu sai meglio di me esprimere un sentimento come quello che anch'io provo.
Dev'essere la devastazione assoluta.
Non voglio neanche pensarci.
Daniele (Macca)
Avrebbe lenito il dolore di suo padre. Lo avrebbe in qualche modo consolato, perchè consolatorio è saper di potersi rivedere, che da qualche parte qualcosa di chi abbiamo amato vive.
Avrebbe lenito il dolore.
Dan: forse avrei dovuto tacere anche io, ma penso che molti inquirenti e molta chiesa debba delle risposte a quel padre. Risposte che andavano date anni fa, ora sono solo pagliacciate per citare Antonio Claps, che non potranno minimamente ricucire quello strappo o ridurre le dimensioni di quel buco. Capisco perchè non voglia andare al funerale della figlia, chissà quante volte l'ha pianta e sepolta in questi 17 anni.
Crimilda: forse si.
Credo sia già difficile parlare e descrivere il proprio dolore, figuriamoci quello altrui...
Chit: come non essere d'accordo. Ma ecco che proprio dall'incapacità di descrivere il dolore, soprattutto quello di un padre, nascono le opere più alte «Il dolore è il libro che di più amo, il libro che ho scritto negli anni orribili, stretto alla gola. Se ne parlassi mi parrebbe d’essere impudico. Quel dolore non finirà più di straziarmi» (Ungaretti - Vita di un uomo p. 543). http://www.psyco.com/memoriali/autori/opereitali/dolore.pdf
Mettermi nei panni di questo povero padre mi fa una paura terribile, non so se saprei sopravvivere.
Il Grande Pagliaccio probabilmente sta sullo scranno più alto del potere di questo mondo.
Ciao giardino di Enzo, come non essere d'accordo, non penso esista un dolore più grande e distruttivo di quello che prova un genitore che perde un figlio. Se poi il figlio lo si perde in questo modo e la ricerca del colpevole procede così non riesco neanche a immaginare qualcosa di più schiacciante
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