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Nelle belle giornate, quelle che per il momento non ne vogliono proprio sapere di farsi vedere e godere, in pausa pranzo mangio un boccone veloce e vado a leggere qualche pagina del libro di turno in un parchetto vicino al mio ufficio, in piazzale Bacone. Parchetto è un nome pretenzioso, per un cerchio di alberi sopra un cerchio di panchine, vicino un'area recintata con giochi per i bambini, ma è quanto di più vicino a un parco si possa immaginare in molte zone di Milano.
Di recente è scomparsa la scritta DERATTIZZAZIONE IN CORSO e mi sento già meglio, perchè mi da una sensazione di concluso, di fine del pericolo imminente.
Anche perchè l'idea dei ratti mi fa tornare in mente quelli visti da adulta nel parco di Porta Venezia, quello in cui le papere e i cigni della mia infanzia sono stati rimpiazzati da pantegane da competizione che pucciano allegramente nel ruscelletto. Così grosse che per un attimo ho pensato fossero nutrie!
Ma torniamo al parchetto, un piccolo spaccato di vita multietnica milanese: i giochi occupati, a seconda delle ore e delle condizioni meteo da bimbi accompagnati da mamme, papà e tate, da coppiette di adolescenti con l'ormone che picchia in testa intenti a scambiarsi le prime effusioni e baci infuocati o da ragazzi scherzosi e urlanti che fumano canne e si fanno scherzi più o meno pesanti e cattivi.
Sotto gli alberi, invece, le panchine sono spesso occupate per tutta la lunghezza da gruppetti di senza tetto, la mattina presto e il pomeriggio tardi presidiano l'area, le voci impastate a commentare il passaggio dei lavoratori frettolosi.
Di recente è scomparsa la scritta DERATTIZZAZIONE IN CORSO e mi sento già meglio, perchè mi da una sensazione di concluso, di fine del pericolo imminente.
Anche perchè l'idea dei ratti mi fa tornare in mente quelli visti da adulta nel parco di Porta Venezia, quello in cui le papere e i cigni della mia infanzia sono stati rimpiazzati da pantegane da competizione che pucciano allegramente nel ruscelletto. Così grosse che per un attimo ho pensato fossero nutrie!
Ma torniamo al parchetto, un piccolo spaccato di vita multietnica milanese: i giochi occupati, a seconda delle ore e delle condizioni meteo da bimbi accompagnati da mamme, papà e tate, da coppiette di adolescenti con l'ormone che picchia in testa intenti a scambiarsi le prime effusioni e baci infuocati o da ragazzi scherzosi e urlanti che fumano canne e si fanno scherzi più o meno pesanti e cattivi.
Sotto gli alberi, invece, le panchine sono spesso occupate per tutta la lunghezza da gruppetti di senza tetto, la mattina presto e il pomeriggio tardi presidiano l'area, le voci impastate a commentare il passaggio dei lavoratori frettolosi.
Ci sono però un paio di persone che spiccano per la loro diversità neanche a dirlo sono due donne. Una ha fatto sua comparsa un mese fa per una settimana circa, sui 65 anni, le forme del benessere e del colesterolo alto, l'aspetto di una nonna. Spesso un sacchetto con del cibo acquistato in un negozio a denunciare la sua reale condizione una borsa troppo grande per contenere gli effetti personali di chi è di passaggio e una coperta pronta a coprirla tutta, quando si sdraiava. La ricordo seduta con la pacatezza della mezza età, mangiare una colomba presa in offerta in un supermarket della zona, in offerta a 1 euro subito dopo le feste. Poi non l'ho più vista.
L'altra è una signora sui 45 anni, capelli ricci, scura di carnagione e un borsone sportivo. Ospite fissa e riservatissima del parchetto. In un primo momento non avevo capito che avesse dei problemi, pensavo che amasse trascorrere la pausa pranzo all'aperto come me. Spesso ago e filo in mano, a rammendare qualcosa. Poi ho capito. E ho notato che faceva un uso continuo dell'acqua della fontana, pulitissima e dignitosissima. L'altro ieri è passata davanti alla gastronomia con il suo borsone personale e una nuova tuta da ginnastica. Mi sono chiesta chi le abbia dato quella tuta da ginnastica, dove stia dormendo e come passi la giornata.
Mi chiedo cosa le sia successo per finire sulla strada e so che farle la domanda sarebbe un intrusione inacettabile. Lo comunica con tutto il suo corpo, Basto a me stessa statemi lontani. Mi chiedo come si possa essere così soli da non avere nessun altro punto di riferimento che un piccolo cerchio di panchine e una fontana e capisco il senso profondo della parola solitudine. Come nella novella di Pirandello mi chiedo se la vita sia davvero un soffio. Non tanto perchè un giorno ci sei e in un attimo non ci sei più, ma perchè un momento hai tutto e in un soffio, pfffiu, non hai più niente se non te stesso e la tua dignità. Tutto il resto è vanità.
Mi chiedo cosa le sia successo per finire sulla strada e so che farle la domanda sarebbe un intrusione inacettabile. Lo comunica con tutto il suo corpo, Basto a me stessa statemi lontani. Mi chiedo come si possa essere così soli da non avere nessun altro punto di riferimento che un piccolo cerchio di panchine e una fontana e capisco il senso profondo della parola solitudine. Come nella novella di Pirandello mi chiedo se la vita sia davvero un soffio. Non tanto perchè un giorno ci sei e in un attimo non ci sei più, ma perchè un momento hai tutto e in un soffio, pfffiu, non hai più niente se non te stesso e la tua dignità. Tutto il resto è vanità.
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5 commenti:
Bellissimo scritto ed al tempo stesso tristissimo spaccato di una realtà che oggi ancora notiamo ma domani potrebbe essere la triste consuetudine ed al tempo stesso il futuro di tanti.
Perchè questo stato, per il sociale, non dimentichiamoci che al di là dei bei proclami in tv, non muove un dito!
Non ho niente da aggiungere a ciò che hai scritto.
Lascia il vuoto dentro questa nostra società.
Ti lascio un "Grazie" per la tua delicata passione per gli uomini e le donne.
Chit: come si suol dire, sfondi una porta aperta. Temo anche io che questa sia solo la punta dell'iceberg del dissesto sociale. Due donne sole non hanno diritto a una casa popolare temo. Vengono prima, giustamente, famiglie con bambini. Ma ciò non toglie il dispiacere e l'empatia.
giardino di Enzo: grazie a te per le tue belle parole!
La mia paura, Trippi, è proprio questa.
Di essere, un giorno, un abitante dei giardini.
Non scherzo, sai?
Qui niente e nessuno è più al riparo.
Ottimo post, al solito.
Daniele (Macca)
E' la paura un pò di tutti, vista la situazione. L'altra sera sono rimasta a parlare di queste paure al telefono un'oretta con un mio caro amico (ogni tanto scrive qualche pezzo anche in questo blog). Resta solo il senso di impotenza e la rabbia nei confronti di chi si arricchisce proprio sulle difficoltà altrui. Ma quelle due donne, impossibile non rimanere colpiti, si aggrappano con le unghie e con i denti alla loro dignità: forti e splendide.
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