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giovedì 20 agosto 2009

La brutta anatroccola

Ingenuamente ero convinta che ad un atleta fosse richiesto il talento, la passione, la costanza e la dedizione per la propria disciplina. Ma da quando le sportive, sempre più femminili, arrotondano i propri introiti con sponsorizzazioni, passerelle e copertine sui magazine è richiesta una qualità che con le caratteristiche peculiari di un'atleta non ha niente a che fare: la bellezza.
Così dai tempi delle lunghissime unghie laccate di Florence Griffith-Joyneer (morta a 38 anni, ma l'uso di steroidi non venne mai provato) bloccate ai polpastrelli con il nastro adesivo e della corsa dopata della bellissima Maryon Jones (finita in carcere per averlo ammesso quando ormai poteva invecchiare nel suo mito) l'immagine della donna atleta finisce con l'incarnare sempre più il sogno erotico maschile che gli ideali di Olimpia.
Buon per Venus William che sembra davvero una Venere, per le nostre nuotatrici e pallavoliste, che hanno visini dolci e corpi più morbidi da fotografare. Sinceramente non entro neanche in merito al sesso della diciottenne atleta sudafricana Caster Semenya, intorno alla quale si è sviluppato un can can di gelosie, veleni e cattiverie degno dei cattivi delle favole, così l'atleta italiana classificata sesta con le sue dichiarazioni al vetriolo sembra un incrocio tra la strega di biancaneve e le sorellastre di Cenerentola. La matrigna cattiva in tuto questo è la IAAF (la massima organizzazione di atletica ) che se aveva dubbi sul sesso della giovane atleta doveva pensarci prima di spedirla nel tritacarne mediatico e risolverli prima di mandarla in pista a vincere (diciamolo se avesse perso non sarebbe scoppiato il bubbone)!



Sherazade


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